S. Ambrogio - Sant'Ambrogio di Voltri

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S. Ambrogio

La Storia e la Visita Guidata > Visita Guidata
Questo altare è dedicato a S. Ambrogio ed è decorato con il quadro di Andrea Ansaldo.
Qui troviamo S. Ambrogio nel momento in cui l'Imperatore Teodosio si riconcilia con la Chiesa e la Giustizia. Rappresentate dalle due figure femminili ai lati del Santo Vescovo. La tela dell'Ansaldo venne ingrandita per collocarla in questo grande altare, come si può vedere bene anche oggi.

Una particolare attenzione va posta anche per il monumentale altare che conserva tale opera. L'altare presenta una interessante tarsia marmorea e proviene dalla Chiesa di S. Domenico, abbattuta per costruirvi il Teatro Carlo Felice e ridisegnare l'attuale via XX Settembre. Questo avvenne nel 1820. L'altare venne portato a Voltri e adattato a questa Chiesa.

Al lato dell'altare troviamo affreschi del Canepa raffiguranti scene bibliche.

Sulla volta troviamo la Trasfigurazione di Gesù, sempre del pittore Canepa.


APPROFONDIMENTI SULLA TELA
Dalla relazione del dott. Gianluca Zanelli del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Relazione scritta per presentare l'opera, in vista dell'ultimo restauro del 2012 :

Giovanni Andrea Ansaldo
(Genova 1584 – 1638)
Sant’Ambrogio interdice l’ingresso nella basilica all’imperatore Teodosio
Olio su tela, cm 350 x 180 ca.

Riferito da una parte della critica poco oltre la metà del secondo decennio del XVII secolo, il dipinto, come sottolineato da Franco Boggero, venne più verosimilmente realizzato all’inizio degli anni Venti in occasione della costruzione dei nuovi altari della chiesa. La tela fu ingrandita dopo il 1820 per essere adattata al monumentale altare che ancora oggi la ospita e proveniente dalla distrutta chiesa di San Domenico a Genova. Nell’opera si individuano le principali componenti stilistiche che contribuirono alla formazione dell’articolato e prezioso linguaggio di Ansaldo: dalle raffinatezze cromatiche desunte dalla cultura toscana, agli influssi della coeva produzione pittorica milanese, con particolare riferimento a Procaccini, Morazzone e Cerano.

Bibliografia essenziale:
B. Ciliento, Voltri: Chiesa di Sant’Ambrogio, Genova 1979, p. 6.
F. Boggero, Introduzione, in Un pittore genovese del Seicento. Andrea Ansaldo 1584-1638 restauri e confronti, catalogo della mostra, a cura di F. Boggero, Genova 1985, pp. 8-9.
F. Simonetti in Un pittore genovese del Seicento. Andrea Ansaldo 1584-1638 restauri e confronti, catalogo della mostra, a cura di F. Boggero, Genova 1985, cat. 3, p. 34.
L. Lodi, Giovanni Andrea Ansaldo, in Genova nell’Età Barocca, catalogo della mostra (Genova), a cura di E. Gavazza, G. Rotondi Terminiello, Bologna 1992, p. 86.

APPROFONDIMENTI SULL'EPISODIO RAFFIGURATO NELL'OPERA

Grazie all’Editto di Milano con cui, nel 382, proclamò il Cristianesimo religione di Stato, Teodosio è considerato l’imperatore cristiano per antonomasia. Oltre a ciò, godeva della speciale stima del Vescovo di Milano perché testimoniava senza reticenze la sua fede anche sotto le insegne imperiali. Ma nel 390 le truppe dell’imperatore soppressero una rivolta uccidendo oltre 7000 persone in quella che è passata alla storia come la strage di Tessalonica. Di questo atto esecrabile, Ambrogio ritenne responsabile lo  stesso Teodosio, al quale si narra abbia vietato l’ingresso in chiesa  intimandogli di pentirsi e di fare penitenza.

Nella lettera che Ambrogio scrisse a Teodosio nel 390 per esortarlo alla penitenza si legge: «Ti  scrivo non per umiliarti, ma perché gli esempi dei re ti spingano a  cancellare dal tuo regno questo peccato. Lo cancellerai umiliando la tua  anima davanti a Dio». «Non ho verso di te alcun motivo di ostilità, ho timore: non oso offrire il Sacrificio se tu pretendessi assistervi». Era un modo indiretto ma chiaro per dire a Teodosio che non poteva  accedere al Sacramento dell’Eucaristia. Un sogno gli aveva confermato la  necessità di tale divieto: «Non da un uomo né attraverso un uomo, ma direttamente mi è stata rivolta questa proibizione. Mentre, infatti,  ero preoccupato, la stessa notte in cui mi preparavo a partire mi è  sembrato che tu (Teodosio) venissi in chiesa, ma a me non fu possibile  offrire il Sacrificio».

Teodosio obbedì al Pastore del quale poi disse: «Non c’è che un vescovo al mondo: Ambrogio».  E il suo sincero pentimento gli meritò da parte del Vescovo di Milano  un tal plauso come pochi se ne leggono negli annali della storia: «–disse il santo Vescovo nell’elogio funebre dell’imperatore–, ho  amato questo uomo che preferì ai suoi adulatori colui che lo  riprendeva. Gettò a terra tutte le insegne delle dignità imperiali,  pianse pubblicamente nella Chiesa il peccato nel quale lo si era  perfidamente trascinato, e ne implorò il perdono con lacrime e gemiti.  Semplici cortigiani si lasciano distogliere dalla vergogna, e un  imperatore non ha arrossito di compiere la penitenza pubblica, e da  allora in poi non un sol giorno passò per lui senza che avesse deplorato  la sua mancanza».

da un articolo di Cristina De Magistris, su Corrispondenza Romana, del 16 dicembre 2015
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